Autunno

Due persone, un uomo e una donna, dentro a un bar. Stanno parlando mentre fuori, una persona senza neanche un nome, vestita di stracci e sogni infranti, se ne sta silenziosamente ferma all’angolo chiedendo qualche spicciolo, porgendo ai passanti distratti, il suo sudicio socio in affari: un vecchio cappello sgualcito.

Qualche metro più su, sul cornicione del piccolo e vecchio palazzo, riposa un corvo riscaldato da un pallido sole autunnale.

Le ombre delle auto parcheggiate, rubano i colori ai fili d’erba forse un tempo fiori, ma oggi solo più reduci di una battaglia persa.

Non vedo altro su di questo mondo silenzioso, non c’è nulla oltre ciò che evidentemente appare.

Mi concentro allora su qualche cosa di più rumoroso, e così tra le mille fotografie della memoria, appare ciò che è impossibile dimenticare, chiudo gli occhi per osservarlo meglio.

Germogli in fiore, nuvole bianche, colline che da la in alto sembrano minuscole e tutta la vita che la sotto scorre senza nemmeno sfiorarmi.

Lassù ci sono i colori e i profumi, da la si possono anche sentire i rumori che fanno le cose quando succedono.

<<Non voglio scendere!>>. Ma la voce di una bambina mi promette giorni ancora più felici. Infatti dopo la primavera arriva l’estate, e si sa, i bambini non sanno dire le bugie così come non hanno la costanza per riuscire a mantenere tutte le promesse.

L’acqua cristallina di un lago in cui il tempo non conta se non per quello che gli viene affidato, le pietre della spiaggia che non sono mai state più morbide di così, ed io che aspetto di essere accarezzato prima dal vento e poi da lei.

Le poesie si scrivono per essere interpretate in tutte quelle notti in cui le stelle accompagnano i cori sussurrati e i timidi respiri di intrepidi amanti.

Solo un velo come scudo, a difendermi da un mondo che non conosce oltre a ciò che vede.

Sempre con l’estate addosso, vado a vedere se i mostri esistono davvero. Mostri fatti di ferro: freddi e pesanti, vivono nello spazio che divide un posto da un altro. Uno solo di loro è capace di inghiottire più sogni di quanti se ne possano fare in una sola notte. Sono giganti intrappolati in vite parallele legati indissolubilmente a pesanti rotaie d’acciaio.

Da fermi così come da lontani sembrano innocue e pacifiche creature. Lentamente mi avvicino ad uno di loro, rallenta fino a fermarsi accanto a me. Una frenata forse dolorosa, partorisce scintille, lacrime incandescenti che si spengono poco lontano dai miei sentimenti. Riparte senza lasciarmi il tempo di abituarmi alla sua presenza, e nemmeno mi accorgo di quante vite si porta con se. Con un forte rumore mi rende sordo giusto il tempo necessario a strapparmi di dosso l’estate e con lei la felicità.

Ora che è più lontano, accanto a me c’è solo più lo spazio per il silenzio, e quindi sento.

Basta! il dolore è insopportabile.

Riapro gli occhi.

E’ autunno.

di Stefano Graziosi

Sono nato a Torino dove mi sono diplomato come chimico e ho studiato alla facoltà di Filosofia senza mai concludere, come tante altre cose lasciate in sospeso nella mia vita. Vivo a volpiano insieme a mia moglie e ai nostri animaletti. Amo occupare il mio tempo libero scrivendo, leggendo e tutta una lunga serie di altri -endo e -ando.

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